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Maria Dionisio • 6 giugno 2019

Focusing al cinema


Vi ricordate il film con Bradley Cooper e Jeremy Irons?
Un giovane, aspirante scrittore, trova un manoscritto in una vecchia borsa di pelle. Lo pubblica a suo nome e diventa famoso.
L'autore dello scritto però si presenta, dopo una premiazione. Non desidera rivendicare, pubblicamente, la paternità del romanzo, non gli interessa, ma lo mette in guardia.
Le parole hanno un valore, un'energia ... la storia che ha raccontato  è una storia che l'ha distrutto e quell'energia non potrà in qualche modo non ricadere su lui che  si è attribuito la paternità dell'opera.  E così avverrà.

Perché ricordare questo film in questo blog?
La storia è centrata più sulla figura del giovane scrittore, interpretato da Bradley Cooper che sulla vicenda raccontata nel manoscritto che  fa solo da sfondo.

Dal mio punto di vista, invece,  il manoscritto è il protagonista del film.

La storia viene raccontata da Jeremy Irons che ricorda.
Un giovane americano, durante la II guerra mondiale, si innamora di una ragazza francese. Finita la guerra torna per vivere con lei. Hanno una bimba che  nasce con problemi si salute e muore dopo pochi mesi di sofferenza.
La ragazza deve allontanarsi, tornare a casa, nella sua famiglia di origine per elaborare il lutto.
Lui invece scrive.

Scrivere, trovare le parole esatte per esprimere quello che si sente è un passaggio fondamentale nel Focusing.

Il dolore del giovane padre sta trovando il modo di essere visto, accolto e trasformato,  quando la sua compagna lo invita nella casa del genitori dove si è rifugiata.
Lui desidera condividere con lei l'effetto delle parole che lo stanno aiutando ad  elaborare questo lutto e le lascia il manoscritto... quasi finito ma incompiuto perché lo legga.

Lei decide di tornare con lui ma sul treno, dimentica e perde per sempre  la borsa di pelle che contiene il manoscritto.
Lui non riesce a perdonarla e nemmeno a rifarsi una vita di coppia, una famiglia... rimane così, solo, tutto il resto della sua esistenza.

Nel film dice che ha capito, col tempo, che sono più  importanti le persone delle  cose, delle situazioni, dice di aver sbagliato ma mentre lo guardavo pensavo ad un processo di Focusing  interrotto.

Non era il perdono la soluzione, non sarebbe servito e non avrebbe risolto nulla.
Lei ha perso il manoscritto ... si può perdonare la distrazione in un momento così difficile della vita ma perdonarla non  gli avrebbe, comunque,  permesso di completare il suo processo, di trasformare il dolore  e lasciarlo dietro di sé.

Avrebbe dovuto riscrivere tutta la storia, ricominciare da capo, trovare di nuovo le parole giuste, le più calzanti, per esprimere quello che stava provando  e  completando la sua storia, non avrebbe avuto più bisogno di perdonarla.
La paura di farsi nuovamente attraversare dal dolore non gli ha permesso di trasformarlo e ne è rimasto prigioniero.

È quello che, secondo me, tutti dobbiamo imparare a fare.  Trovare  il coraggio  perché abbiamo il dono e la possibilità di farlo.
È il "cantare sulle ossa"  di cui scrive Clarissa Pinkola Estés, affinché  la carne torni a ricoprirle e la vita torni a scorrere dentro di noi.

Come direbbe Gendlin: Trust in the process!
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